Non tutti i possessori di animali domestici sanno che è possibile detrarre dalla tesse le spese veterinarie sostenute per le cure dei propri amici a quattro zampe.
Eppure tutti i contribuenti possono portare in detrazione il 19% delle spese veterinarie effettuate, fino ad un massimo di 387,34 euro limitatamente alla parte che eccede una franchigia di 129,11 euro. Un importo esiguo, perché a conti fatti risultano effettivamente detraibili poco meno di cinquanta euro, ma con le recenti disposizioni del ddl Stabilità 2013, anche tale piccolo importo rischiava di essere eliminato dalle detrazioni fiscali. Infatti, di recente l’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) aveva raccolto oltre 30mila firme per una petizione che chiedeva appunto al Governo, di allentare la stretta fiscale sulla prevenzione veterinaria e sulla sanità animale. Il pericolo per ora sembra scampato.
Le disposizioni su tali spese restano di fatto invariate e sarà possibile continuare a beneficiare delle detrazioni. «Tuttavia – affermano i medici veterinari – dal 1986 ad oggi lo “sconto fiscale” sulle cure mediche agli animali da compagnia non è mai stato adeguato al livello di prestazioni». «Alcune prestazioni sono divenute obbligatorie – continua l’Anmvi – e risulta necessario garantire un livello minimo essenziale di prevenzione veterinaria, dall’identificazione anagrafica alle profilassi contro le zoonosi, ovvero rabbia e leishmaniosi, che sono malattie trasmissibili all’uomo».
Di fatto, le cure veterinarie, sono anche utili alla prevenzione per la salute dell’uomo, e che quindi hanno riflessi sulla sanità pubblica del Paese. «Per tali motivi, le spese veterinarie non andrebbero tassate – chiosa l’associazione dei veterinari – Al contrario, vaccinare un cane per il Fisco equivale a comprare un superalcolico». È da tempo ormai che l’Associazione attende che il Ministero della Salute faccia il primo passo e consideri la portata di sanità pubblica delle prestazioni veterinarie, almeno di quelle che concorrono a tutelare la sanità umana riconoscendole esenti da Iva, o quantomeno con aliquote più basse. «L’aliquota Iva che viene applicata – spiegano gli esperti – è la più elevata, il 21%. Con questa aliquota, l’attuale e insufficiente soglia di detraibilità, viene del tutto vanificata.
Per questo, le Associazioni dei Medici Veterinari chiedono che l’Iva sia applicata al 10% e chiedono detrazioni più alte, esenzioni per le prestazioni veterinarie che hanno valenza di sanità pubblica ed esclusione dal redditometro. L’auspicio che la Legge di stabilità salvi definitivamente il principio della detraibilità delle spese veterinarie, implica che il Governo apra un capitolo fiscale ad hoc.